Il capitolo analizza la presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle 250 maggiori società italiane in quattro anni benchmark: 1983, 2001, 2010 e 2017. Le donne erano quasi totalmente escluse dai consigli di amministrazione nel 1983. Da quel momento, la loro presenza è cresciuta: l’incremento è stato dapprima contenuto, ma poi è diventato più veloce dopo che, nel 2011, la legge Golfo-Mosca aveva introdotto le quote di genere obbligatorie per le società quotate in borsa e per le società a controllo pubblico. Il saggio mostra che la legge Golfo-Mosca ha anche avuto un “effetto contagio” sulle società non direttamente interessate dalla nuova normativa. La legge Golfo-Mosca ha legittimato sul piano culturale la nomina delle donne nei consigli di amministrazione e ha favorito la formazione di un pool di amministratrici qualificate che potevano essere nominate anche dalle società non tenute all’osservanza della legge. Il risultato è stato un’accelerazione dell’incremento della presenza femminile anche nei consigli di amministrazione delle società non interessate dalla legge e il formarsi per la prima volta in Italia di un pool di donne interlocker. Il capitolo evidenzia poi il ruolo precoce svolto dalle cooperative nell’apertura dei consigli di amministrazione alle donne, anche prima che la legge Golfo-Mosca introducesse le quote di genere obbligatorie per le società quotate e per le società a controllo pubblico. Le centrali cooperative, ed in particolare Legacoop, hanno agito da un “fattore sostitutivo” della legge fissando obiettivi volontari per la presenza femminile nei consigli di amministrazione delle imprese affiliate. Le pochissime consigliere di amministrazione italiane si sono rinvenute a lungo quasi esclusivamente nelle imprese familiari e dovevano la loro presenza alla loro affiliazione alle famiglie controllanti. Fino al 2010, le donne con una riconosciuta qualifica professionale costituivano un’esigua minoranza. Tuttavia, il loro numero è cresciuto esponenzialmente dopo l’entrata in vigore della legge Golfo-Mosca e ha riguardato donne sia senza che con affiliazione familiare al soggetto controllante dell’impresa. Al tempo stesso, nel 2017 le donne continuavano a rimanere escluse dalle posizioni apicali delle società: un soffitto di cristallo che si riscontrava in tutti i tipi di impresa, incluse le cooperative.
Le donne nei consigli di amministrazione delle maggiori società italiane / Rinaldi, A.; Tagliazucchi, G .; Poma, E.; Strozzi, C.. - (2025), pp. 11-34.
Le donne nei consigli di amministrazione delle maggiori società italiane
Rinaldi, A.;Tagliazucchi, G .;Poma, E.;Strozzi, C.
2025
Abstract
Il capitolo analizza la presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle 250 maggiori società italiane in quattro anni benchmark: 1983, 2001, 2010 e 2017. Le donne erano quasi totalmente escluse dai consigli di amministrazione nel 1983. Da quel momento, la loro presenza è cresciuta: l’incremento è stato dapprima contenuto, ma poi è diventato più veloce dopo che, nel 2011, la legge Golfo-Mosca aveva introdotto le quote di genere obbligatorie per le società quotate in borsa e per le società a controllo pubblico. Il saggio mostra che la legge Golfo-Mosca ha anche avuto un “effetto contagio” sulle società non direttamente interessate dalla nuova normativa. La legge Golfo-Mosca ha legittimato sul piano culturale la nomina delle donne nei consigli di amministrazione e ha favorito la formazione di un pool di amministratrici qualificate che potevano essere nominate anche dalle società non tenute all’osservanza della legge. Il risultato è stato un’accelerazione dell’incremento della presenza femminile anche nei consigli di amministrazione delle società non interessate dalla legge e il formarsi per la prima volta in Italia di un pool di donne interlocker. Il capitolo evidenzia poi il ruolo precoce svolto dalle cooperative nell’apertura dei consigli di amministrazione alle donne, anche prima che la legge Golfo-Mosca introducesse le quote di genere obbligatorie per le società quotate e per le società a controllo pubblico. Le centrali cooperative, ed in particolare Legacoop, hanno agito da un “fattore sostitutivo” della legge fissando obiettivi volontari per la presenza femminile nei consigli di amministrazione delle imprese affiliate. Le pochissime consigliere di amministrazione italiane si sono rinvenute a lungo quasi esclusivamente nelle imprese familiari e dovevano la loro presenza alla loro affiliazione alle famiglie controllanti. Fino al 2010, le donne con una riconosciuta qualifica professionale costituivano un’esigua minoranza. Tuttavia, il loro numero è cresciuto esponenzialmente dopo l’entrata in vigore della legge Golfo-Mosca e ha riguardato donne sia senza che con affiliazione familiare al soggetto controllante dell’impresa. Al tempo stesso, nel 2017 le donne continuavano a rimanere escluse dalle posizioni apicali delle società: un soffitto di cristallo che si riscontrava in tutti i tipi di impresa, incluse le cooperative.| File | Dimensione | Formato | |
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